L’insegnamento del Krav Maga per le forze di Polizia
Prima di parlare di Krav Maga per le forze di Polizia, è doverosa una premessa importante.
Il Krav Maga normalmente insegnato è, e deve essere, quello civile. Vale a dire principi, tecniche e tattiche finalizzate a mettere una persona in grado di difendere se stessa in caso di aggressione.
L’obiettivo è quello di mettersi in salvo e “portare a casa la pelle” senza curarsi dell’aggressore. Si comincia con le basi dell’autodifesa fino ad arrivare a gestire aggressioni da parte di un soggetto armato o da un gruppo di più soggetti. Ed ai livelli più avanzati insegniamo i principi per proteggere una terza persona, sempre nell’ambito civile.
Le tecniche di Krav Maga per operatori di Sicurezza e Forze di Polizia sono diverse. Principalmente perché le finalità sono diverse.
Compito di un operatore di Polizia governativo è quello di intervenire in una situazione di violenza per proteggere cittadini sotto attacco e arrestare il criminale.
Compito di un addetto alla sicurezza è generalmente quello di proteggere un luogo. Come ad esempio un “buttafuori” o un addetto alla sicurezza di un grande magazzino. O di eseguire controlli ai varchi aeroportuali o agli accessi ad aree sensibili come tribunale o concerti.

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Cosa serve veramente agli operatori?
In tutti questi casi gli operatori rischiano una aggressione da parte di soggetti criminali o instabili e devono quindi essere preparati su vari fronti: autoprotezione, sorveglianza, scontro corpo a corpo e tecniche di immobilizzazione e arresto.
A seconda degli impieghi, dell’autorità, delle regole di ingaggio e dell’equipaggiamento in dotazione bisogna adattare il percorso di formazione.
Per questo, a livello internazionale, gli istruttori IKMF autorizzati a questo tipo di formazione sono solamente quelli con brevetto specifico. Hanno completato un Corso di specializzazione Law Enforcement della durata minima di dieci giorni, in modo da apprendere i protocolli e le tecniche specifiche.

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Ho frequentato questo corso la prima volta a Ginevra nel 2004 con diversi aggiornamenti successivi.
Ed ho effettuato una completa ricertificazione in Israele nel 2016 con un gruppo misto composto da istruttori Ikmf Expert provenienti da paesi di tutto il mondo, e operatori delle forze speciali di sicurezza israeliane.
Spesso mi viene chiesto come impostare la formazione per le forze di Polizia.
E le persone, compresi molti allievi, vorrebbero sapere cosa insegno agli agenti. Come se si trattasse di tecniche segretissime per renderli invincibili come l’agente Bourne o il Liam Neeson della serie Taken. Nulla di più lontano dalla realtà.
Differenza tra Krav Maga per civili e per operatori di Polizia
Il Krav Maga per un’operatore è allo stesso tempo più semplice e più complesso di quanto viene insegnato a un gruppo di civili.
Più semplice in quanto soprattutto più essenziale. Innanzitutto il tempo a disposizione è generalmente limitato ad un numero di ore ristretto. Le situazioni di aggressione sono abbastanza ricorrenti, come il livello di prontezza dell’agente in servizio. In base ai compiti ci si concentra generalmente su alcune aree specifiche: tecniche di arresto, scontro ravvicinato con soggetto armato, perquisizione durante controlli di routine, gestione di soggetto psicotico o alterato, ecc.
La componente più complessa per un operatore, viceversa, è data dall’essere soggetto a regole molto più restrittive di quelle di un privato cittadino. E dal fatto che non può abbandonare il campo per mettersi in salvo, ma deve generalmente procedere all’arresto.
La prima premessa che faccio sempre ai corsi è che io non sono un agente. Anche se ho lavorato con diverse unità, il mio compito non è di insegnare il mestiere o valutare dei protocolli che raramente sono modificabili. L’unica cosa che posso fare è fornire degli strumenti, e ancor più dei principi, per rendere più efficace il lavoro degli operatori. Nel rispetto del regolamento, dei protocolli e delle regole di ingaggio.
Per questo il programma è ogni volta diverso. La caratteristica di un buon istruttore è quella di avere una cassetta degli attrezzi molto ricca, ma di saper estrarre in base alle esigenze solo gli strumenti necessari.
Inoltre più che sulle tecniche, che devono essere semplici ed istintive, è importante lavorare sul condizionamento in situazione di stress fisico e psicologico. Generalmente l’operatore in una situazione in cui necessita l’uso delle tecniche di Krav Maga, deve prendere delle decisioni potenzialmente vitali in tempi ristrettissimi, a volte in frazioni di secondi. Decisioni da cui può dipendere la vita propria, ma anche quella di colleghi e di civili innocenti presenti sulla scena.
Criticità dell’utilizzo dell’arma
Uno dei punti spesso più critici riguarda uno sbilanciamento a livello di condizionamento, sull’utilizzo dell’arma.
Consideriamo che un attacco con un’arma bianca che giunga da una distanza inferiore ai 7 metri non conceda all’operatore sufficienti chances di sopravvivenza se la sua risposta è quella di estrarre l’arma e sparare. Troppo tardi.
Anche se sette metri sono una distanza enorme e l’operatore è ben addestrato. E questo senza considerare quattro fattori altamente critici:
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Il ratio di colpi a bersaglio a breve distanza sotto lo stress di un attacco è molto basso anche per operatori ben addestrati.
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Un proiettile anche in sagoma, a brevissima distanza, può non impedire all’attaccate, carico di adrenalina, di completare il suo attacco letale e poi crollare.
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Possibilità di malfunzionamento dell’arma.
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Il fatto che in certe situazioni non sia possibile sparare (ad es. regole di ingaggio o presenza di numerosi civili) e questa presa di decisione potrebbe “consumare” frazioni si secondo vitali.
Per questi aspetti è importante il krav maga per gli operatori. Con il fine di creare una automatismo di reazione in cui utilizzare, ad esempio, un calcio per respingere l’assalto mentre viene estratta l’arma, o l’utilizzo della stessa come arma bianca.
Altri scenari cruciali riguardano le tecniche di autoprotezione in caso di aggressione durante controlli di routine. Specie nei casi in cui l’operatore o gli operatori vengono accerchiati da un gruppo di facinorosi. Considerando anche le tecniche di ritenzione dell’arma, per evitare che venga sottratta da parte degli aggressori.
Altro capitolo importante, soprattutto per unità mobili, riguarda le tecniche di arresto e il lavoro di team, principalmente coordinando un dispositivo di 2 o 4 operatori.
Infine, per reparti preposti ad intervenire in situazioni di alto rischio, come il GIS e NOCS, ma anche a livello territorialmente più capillare (API e UOPI) è importante addestrare tecniche “SWAT” che comportano l’utilizzo di un equipaggiamento speciale e l’intervento su scenari di terrorismo, ma in cui non va tralasciata l’ipotesi di uno scontro corpo a corpo con i criminali.
Tutto questo, e in realtà molto di più, è il lavoro che si può progettare con un unità di polizia.
Professionalità e la specificità dei ruoli.
Per formare il personale operante ci vuole un istruttore con lunga esperienza specifica e che sia stato formato su tecniche, protocolli e didattica Law Enforcement, possibilmente a livello internazionale.
Ed è importante anche l’opposto: che queste tecniche vengano insegnate solo in ambito istituzionale operativo e non durante corsi per civili. Non perché si tratti di tecniche segrete, ma semplicemente perché ognuno deve essere condizionato sulle reazioni funzionali al suo ruolo. Il civile deve mettersi in salvo, l’operatore Law Enforcement deve arrestare il criminale.
Purtroppo invece ci troviamo ancora troppo spesso in un situazione in cui maestri di arti marziali, con tutto il rispetto, si improvvisano esperti di autodifesa e di tecniche operative, inventando protocolli derivati dal mondo marziale.
E dall’altro lato istruttori di krav maga generici, magari formati con pochi stage e tanti diplomi, si improvvisano Rambo e, indossati un paio di pantaloni mimetici, insegnano a volenterosi allievi che non hanno fatto neppure il servizio militare, come disarmare un terrorista dell’Isis carico di esplosivo… ma questo è il mondo commerciale, ben diverso da quello di chi opera sulle strade.